Presentazione generale metodo Chitarra Jazz

La chitarra, a differenza della maggior parte degli strumenti (pianoforte, archi e fiati in genere) che sono studiati con il metodo classico nei conservatori di tutto il mondo, ha subito nel 900 moltissimi cambiamenti di utilizzo che hanno fatto in modo si creassero tecniche in molti casi profondamente diverse da quelle utilizzate dallo strumento originale, diventando sicuramente il più popolare degli ultimi 60 anni.

Il blues che si evolve progressivamente nel jazz all’inizio del secolo scorso, il rock & roll, il rhythm and blues, il pop anni 60, il rock da Hendrix in poi (che ha influito più di ogni altro sul cambiamento del modo di suonare la chitarra), il funky e altri generi derivati dai precedenti hanno fatto sì che la chitarra diventasse spesso uno strumento completamente diverso da quello classico con cui condivide in alcuni casi solo il numero di corde e la posizione delle note.

I conservatori non hanno saputo o potuto adeguarsi a cambiamenti così profondi e rapidi, anche perché a molti generi (a torto o a ragione), non è riconosciuto lo stesso valore artistico della musica cosiddetta colta.

Solo negli ultimi vent’anni è stato introdotto lo studio del jazz e solo negli ultimissimi anni lo studio è diventato specifico per ogni strumento ma è limitato (senza che ci sia un vero metodo che accomuna gli insegnanti con differenze quindi enormi da caso a caso) al triennio, cui si approda con preparazioni troppo disomogenee da parte degli allievi.

Quindi mentre da un lato il sistema classico non tiene conto dell’utilizzo moderno dello strumento, troppo spesso la chitarra elettrica è insegnata in modo eccessivamente pratico, facendo uso spesso esclusivamente delle intavolature, escludendo la lettura della musica dai propri percorsi didattici (togliendo, di fatto, in un futuro all’allievo la possibilità di poter attingere al materiale musicale di altri strumenti) e preferendo allo studio del sistema tonale le pentatoniche che consentono sì ai più dotati di realizzare rapidamente le frasi dei principali chitarristi di riferimento ma non pongono le basi per suonare in seguito altri generi più ricchi da un punto di vista armonico (e non solo) cui con il passare del tempo si tende nella maggior parte dei casi ad avvicinarsi.

Per semplificare di molto il concetto la più importante distinzione da fare è tra lo strumento usato polifonicamente, quindi completo in tutte le sue parti musicali (la chitarra classica e le varie forme di “fingerstyle”), e la chitarra utilizzata assieme ad altri strumenti (utilizzo prevalentemente melodico o di accompagnamento), il più delle volte suonata con il plettro.

La chitarra utilizzata con il plettro è raramente autosufficiente e la tecnica necessaria per suonare generi all’apparenza molto diversi (jazz, rock, country, funky, musica leggera e via discorrendo) dovrebbe avere delle basi molto simili e iniziare a differenziarsi in modo consistente (a parte alcuni aspetti legati alla produzione del suono) solo ad uno stadio abbastanza avanzato dello studio. Ecco perché la principale distinzione che andrebbe fatta non è tra l’insegnamento di un determinato genere e un altro, ma tra la chitarra classica (e tecniche derivate) e quella a plettro.

Il rischio più comune per chi si avvicina allo studio di uno strumento ed all’utilizzo dello stesso in un determinato genere musicale è di crescere in modo disomogeneo nei singoli aspetti formanti il musicista. Ad esempio serve a poco avere delle dita molto agili se il nostro orecchio non è in grado di riconoscere un intervallo o un accordo, così com’è sicuramente poco utile conoscere a fondo aspetti teorici avanzati e non essere in grado di realizzarli sullo strumento.

Uno degli scopi di questo metodo è tenere costantemente sotto controllo questo problema, cercando di indirizzare il lavoro di volta in volta dove ce n’è più bisogno.

Grafico a torta del Metodo

Il grafico a forma di torta illustra in modo chiaro questo concetto: Ogni “fetta” rappresenta una categoria che, a sua volta è suddivisa in alcune sottocategorie. Come un’alimentazione sana è basata sulla varietà dei cibi da noi ingeriti, la nostra formazione come musicisti dovrà seguire il principio di non “mangiare” troppo di una sola “fetta” lasciando intatte le altre. Le numerose indicazioni contenute in questo sito potranno essere utili agli insegnanti e ai chitarristi in genere, che troveranno suggerimenti su come impostare il proprio lavoro. Gli esercizi e gli studi collegati a ogni singola categoria e approfondimenti teorici particolari, non troveranno per ovvi motivi (se non in minima parte) posto in questa sede e dovranno essere approfonditi separatamente. Esistono naturalmente delle priorità che riguardano l’aspetto tecnico (è poco utile conoscere cose che non si possono applicare anche solo parzialmente allo strumento), e lo sviluppo parallelo dell’orecchio, con molto ascolto ed esercizi mirati di Ear training.

Nei filmati scaricabili vi saranno inoltre alcuni esempi audio e, nella parte riguardante la tecnica, alcune immagini e filmati riguardanti la postura e i principali movimenti delle mani con gli errori più comuni e i suggerimenti in merito. Ciò che realmente conta rimane comunque il risultato, non il modo con cui si ottiene, ma le due cose, nella maggior parte dei casi, sono strettamente collegate.

Mantenere un argomento per periodi sufficientemente lunghi è indispensabile per assimilarlo e quindi lo stabilire un percorso didattico, inevitabilmente diverso da persona a persona, diventa la cosa più importante al fine di ottenere il massimo dallo studio. Troverete spiegazioni e consigli d’uso nelle singole categorie e sottocategorie che com’è ovvio non costituiscono comparti stagni ma servono ad avere una visione d’insieme e a mettere ordine nel proprio programma di studio.

Principi generali di studio

Uno dei motivi principali per cui oggi rimane centrale la figura dell’insegnante, benché l’attuale facilità di reperire materiale didattico (in particolare tramite Internet), è quello di spiegare all’allievo in che modo studiare.

Un’altra ragione, forse ancora più importante, è quella di individuare quali sono gli aspetti su cui l’allievo, in base alle proprie carenze e peculiarità, è preferibile concentri il proprio lavoro. Si dovranno considerare i due principali aspetti di seguito esposti.

Principi generali sull’organizzazione dello studio

A parità di tempo a disposizione è preferibile studiare in periodi diversi della giornata. Ad esempio è meglio studiare tre volte per mezzora che un’ora e mezza consecutiva (questo per dare al nostro cervello la possibilità di ricaricarsi). Tenuto conto del principio precedente, va in ogni caso considerato che l’allungamento dei tempi di concentrazione durante lo studio (una migliore resa, quindi) è migliorabile con l’esercizio. Soprattutto nelle fasi iniziali (o correttive), è importante tenere sott’occhio il problema (quindi chiederci se siamo concentrati mentre lavoriamo).

La diversificazione dei lavori consente di ottimizzare ulteriormente lo studio.

Alternare quindi situazioni in cui è maggiormente coinvolto il cervello (teoria, lettura, improvvisazione razionale, ecc.) e altre in cui è più importante la manualità (tecniche di base, assimilazione di diteggiature o di sequenze di accordi).

Mantenere i singoli studi per un periodo sufficiente all’assimilazione (anche parziale) di quanto trattato, evitando di passare troppo rapidamente a un altro argomento (meglio poche cose fatte bene, che tante fatte male; meglio ancora: tante fatte bene!).

Mantenere sempre nel proprio programma studi che toccano, a vari livelli, tre aspetti principali:

Fare in modo che, con il passare del tempo, questi aspetti siano presenti contemporaneamente nella maggior parte dei lavori.

Situazione particolare dell’allievo

Stabilire di cosa ha più bisogno l’allievo, individuandone i punti deboli. Adattare, nei limiti del possibile e nel rispetto dei principi generali esposti prima, il programma di studio al carattere dell’allievo (buoni risultati vengono soprattutto se si è convinti della bontà di quanto sta facendo). Fategli in ogni caso notare che è solo con la costanza dell’impegno che è possibile avere risultati tangibili.

Controllare che sia meticoloso nello svolgimento dei compiti assegnati, onde evitare di dover ogni volta ricominciare da capo. Informarsi sui gusti musicali e sugli ascolti fatti, spronandolo, sotto quest’aspetto, a variarli il più possibile. Stimolare pratiche di gruppo (solo nella primissima fase possono non essere indispensabili) di generi anche diversi (suonando in ogni caso musiche di proprio gusto). Stabilire un programma di studio che tenga conto, oltre che del tempo a disposizione dell’allievo, dei vari aspetti sin qui considerati. Rinnovarlo costantemente e gradualmente, essendo pronti a modificarlo anche drasticamente quando ci si accorge che alcune situazioni sono cambiate.

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