Armonia Funzionale presentazione

Prima di iniziare a cercare di comprendere le strutture armoniche dei brani, assegnare agli accordi le possibili scale, intervenire sulle strutture con modifiche, sostituzioni, aggiunta di nuovi accordi, è necessario avere alcune conoscenze di base.

È naturalmente indispensabile conoscere a fondo i primi elementi di teoria (scala maggiore, alterazioni di chiave e intervalli), prima di affrontare l’armonizzazione delle scale.

Armonizzare una scala significa sovrapporre per 3e le note da cui è composta, ricavando gli accordi costruiti su ogni grado.

Accordi che possono essere a tre o quattro parti (triadi o settime) e che possono ulteriormente arricchirsi con l’aggiunta di tensioni (9e, 11e e 13e), il cui utilizzo è legato, oltre che alle possibilità generiche di ogni singolo accordo (vedi Famiglie degli Accordi), alla posizione dello stesso rispetto al centro tonale.

Si dovranno poi conoscere gli accordi ricavati dalla scala maggiore, che in una fase iniziale in cui si devono apprendere i primi principi della musica tonale, è sufficiente a gestire, sia melodicamente sia armonicamente, esempi completi di strutture diatoniche.

L’armonia tonale si basa sulla relazione tra la dominante (V grado, movimento) e la sua tendenza risolutiva sulla tonica (I grado, riposo).

La sottodominante (IV grado) svolge una funzione intermedia, come da “cerniera” tra le due precedenti.

Gli accordi delle strutture armoniche tonali sono sempre riconducibili ad almeno una di queste tre funzioni.

A completare la scala mancano però altri quattro gradi, che non sono altro che variazioni dei tre principali, ma che offrono vie alternative allo sviluppo del basso (funzione dei gradi).

L’andamento delle fondamentali del basso (le cadenze) corrisponde alle fondamenta dell’armonia, e va assimilato prima di ogni altra cosa, per comprendere e apprezzare le tendenze, più o meno risolutive, delle altre parti.

La terza determina il modo (maggiore o minore) dell’accordo.

La settima, risolvendo di grado congiunto inferiore su una delle note della triade base dell’accordo seguente, compie un movimento primario, imprimendo una spinta in avanti all’armonia.

Si dice invece movimento secondario quando questa risoluzione non è possibile, non avendo la settima la possibilità di scendere su una di queste tre note e dando così la sensazione di arresto del flusso armonico.

La maggior parte dei movimenti armonici costituenti una struttura sono primari, e in alcuni casi anche interi brani possono essere composti soltanto da questo tipo di movimento.

La quinta quando è giusta può essere omessa, poiché ampiamente udibile negli armonici della fondamentale; viceversa sarà importante (anche se spesso non essenziale come le precedenti) quando è alterata.

Le tensioni (9, 11 e 13) hanno tendenza risolutiva di tono inferiore verso la nota che sostituiscono e, pur se non indispensabili alla struttura armonica di base, contribuiscono decisivamente al colore dell’armonia.

Imparare a collegare armonicamente gli accordi di una struttura (continuità armonica) è molto utile per abituarsi ad assecondare le consuetudini risolutive sovresposte, osservare come la tendenza dell’armonia nei movimenti primari sia discendente ed estrarre melodie ricavate da una stessa voce (prime forme di note guida).

Gli accordi possono essere in molti casi sostituiti da altri, con effetti che possono essere anche considerevoli.

La sostituzione più importante e usata è quella di tritono in cui, la 3a e la 7a dell’accordo di dominante mantengono i loro ruoli (invertite) nell’accordo di 7a posto sul bII7 dell’accordo di arrivo (es. G7 – C diventa Db7 – C).

Identificare i punti fermi di una struttura è la prima operazione da fare. Si troveranno più frequentemente nelle battute dispari di ogni sezione di 8 (di diversa rilevanza), e saranno gli unici a non poter essere facilmente sostituiti, a meno di non voler modificare considerevolmente la logica armonica del pezzo.

Dopo un accordo di tonica di questa importanza lo sviluppo armonico può arrestarsi e riprendere in un’altra tonalità, eseguendo una modulazione (semplificando con una regola: dopo un accordo di tonica ce ne può essere qualsiasi altro).

Per modificare l’armonia di un brano si dovrà tener conto della velocità del brano stesso, della densità dell’armonia e della forma della struttura.

Il turnaround (I-VI-II-V e sostituzioni di vario genere) sia in tonalità maggiore che minore, sintetizza in modo efficace i ruoli della musica tonale, ed essendo largamente presente nelle strutture dei brani (può anche rappresentarla interamente) occupa una parte essenziale del nostro studio (sia armonico che melodico).

Le forme più usate sono:

  • Il blues (sia minore sia maggiore) è una struttura di dodici battute che nella forma arcaica è legato all’omonima scala ed ha uno sviluppo melodico riassumibile con la forma AAB
    I punti fermi, anche nelle forme più arricchite, restano la 1a, 4a e 11a battuta.

  • La forma AABA (32 battute) indica una struttura in cui le prime otto battute (A) sono ripetute quasi esattamente (saranno diverse probabilmente le ultime 2) una prima volta prima dell’inciso (B), e una seconda dopo (la penultima battuta accoglie di regola la conclusione del tema, con un’inevitabile modifica melodica – armonica).

  • Altra forma composta di trentadue battute molto usata è quella ABAC, in cui la C è solitamente una variazione logica della B.

Ci sono naturalmente anche forme più complesse o strutturate diversamente, ma queste tre rappresentano la stragrande maggioranza dei casi.

La scala da cui si estraggono la maggior parte degli accordi in tonalità minore è quella armonica, ma il più delle volte se ne troveranno anche altri, originati dalla minore naturale e minore melodica e, in alcuni casi anche da altri modi come il dorico ed il frigio.

Gli accordi ricavati dalle scale minori possono essere usati in aggiunta o in sostituzione a quelli della tonalità maggiore, aumentando di conseguenza le possibilità, mentre, a causa della condotta melodica risultante dalle singole voci, funziona certamente meno bene il procedimento opposto (con le dovute eccezioni).

Le modulazioni sono allontanamenti di sufficiente durata dalla tonalità d’impianto e la loro distanza, in termini di alterazioni, è proporzionale all’effetto di cambiamento e sorpresa ottenuto.

La ricchezza armonica di una struttura è spesso legata alla presenza di modulazioni e il saperle riconoscere e usare in fase compositiva è perciò di vitale importanza.

Il basso, oltre al suonare le fondamentali, suo principale compito, può eseguire pedali (la stessa nota ripetuta su più accordi, con effetti spesso molto interessanti), e seguire linee melodiche meno prevedibili utilizzando i vari tipi di rivolto.

Una volta in grado di riconoscere l'”ossatura” di una struttura, si passerà ad analizzare i vari tipi di accordi di passaggio (collocati di norma sui tempi deboli):

  • Diatonici:
    Ricavati dalla scala d’impianto (o usata su un dato accordo) collegano o avvicinano gli accordi cardine.

  • Dominanti secondarie:
    Accordi posti sul V grado (o loro sostituzioni di tritono) dell’accordo di arrivo, possono essere alterati o no.

  • Diminuiti:
    A causa della loro simmetria possono avere vari nomi e costituiscono una validissima variante di dominante secondaria, di uso molto flessibile.

  • Cromatici:
    Ogni accordo può essere avvicinato da uno o più accordi formati dalle stesse note disposte nello stesso modo, posto un semitono sopra (non sempre ideale anche se possibile) o sotto (sempre buono).

  • Paralleli:
    estensione del principio cromatico ad altri intervalli.
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