Diteggiature

La scelta dei principi su cui si baseranno le diteggiature utilizzate per studiare scale, salti, arpeggi e melodie di vario genere e difficoltà, è un aspetto molto importante del nostro studio. Questo perché assimilare un movimento fino a renderlo automatico costa fatica e richiede tempo.

Vale quindi la pena riflettere sul perché usare una soluzione piuttosto che un’altra ed esserne convinti, mentre si svolge questo lavoro.

Usando la tecnica dell’allargamento del 1° e 4° dito è possibile realizzare scale di ogni genere in ogni tonalità (quindi 12) mantenendo la mano sullo stesso capotasto.

Questo è il vantaggio.

In questo modo però il lavoro sarà considerevole, costringendoci a un periodo più lungo di studio per ogni scala, con maggiori difficoltà di memorizzazione.

Inoltre ritarderà l’inizio di altri lavori più utili, giacché la difficoltà maggiore, a livello di programmazione di studio, risiede nella scelta delle cose da fare di volta in volta, alla ricerca di un buon equilibrio fra gli studi di tecnica “pura” (diversi modi di eseguire le scale, varie applicazioni sulle stesse, pattern e così via), e gli studi più “musicali” (temi, assolo, trascrizioni di vario genere).

Questo equilibrio dovrà essere cercato anche all’interno dello stesso tipo di studi (ad esempio vari modi di eseguire lo stesso tipo di scala, che mettano in risalto diversi aspetti tecnici e, di conseguenza, espressivi).

Si deve quindi evitare di affogare in un dato lavoro, rimandando in continuazione di iniziarne altri, ma è anche molto importante, perché si possa raccoglierne i frutti, che il compito che ci siamo fissati sia mantenuto sufficientemente a lungo.

Questo dunque un primo motivo per fare delle scelte ridotte (ad esempio: cinque posizioni invece di dodici) ma non è il solo; il costringere la mano ad allargamenti che, in prossimità della paletta possono essere molto faticosi, non ricompensa adeguatamente lo sforzo fatto.

Spostandosi, al bisogno, lateralmente con la mano di un solo tasto, senza modificarne l’assetto, saremo in grado, usando cinque posizioni, di portarci in ogni altra tonalità.

L’obiettivo di partenza rimane un’esecuzione in cui il suono non s’interrompe e non si accavalla, rimandando l’uso delle varie forme di legato a una fase successiva e andrà quindi inizialmente limitato l’uso dello snodo alle corde adiacenti.

Su ogni posizione sarà necessario fare un certo numero di studi che, a note uguali, richiederanno di volta in volta l’uso di dita diverse e quest’aspetto sarà più marcato negli esercizi sugli arpeggi e salti più ampi.

Contemporaneamente a questi studi verticali, che troppo spesso restano isolati, rendendo l’esecuzione troppo meccanica e prevedibile, si dovranno studiare le scale anche in orizzontale, prima su un’unica corda e poi a tutta estensione.

Altro aspetto importante, generalmente meno usato da chi suona Jazz, sono le diteggiature al capotasto, utilizzando corde vuote. Questo comporta un notevole dispendio di energie, e va rimandato (a causa dell’utilizzo ridotto rispetto agli studi precedenti, che ci consentono di spostare la stessa diteggiatura per portarci in un’altra tonalità), a una fase successiva, sempre che non veniate da studi classici o abbiate praticato il fingerstyle.

Le diteggiature apprese andranno studiate con varie partenze ritmiche, con accenti di ogni genere e, dove possibile, con varie tecniche di legato.

Affidarsi all’altrui esperienza è certamente cosa saggia e sarà quindi molto importante, oltre agli esercizi citati, analizzare diteggiature di vari autori, cercare di dedurle dalle registrazioni (nel limite del possibile) per poi, alla fine, fare autonomamente le proprie scelte.

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