Scale

La conoscenza delle scale (ovviamente non tutte quelle esistenti, ma una scelta effettuata secondo criteri di una sufficiente completezza e al tempo stesso sintesi) è indispensabile per acquisire automatismi, sia tecnici sia musicali, necessari per reagire rapidamente a ogni armonia che sentiamo, o per seguire idee melodiche di ogni genere, non necessariamente collegate ad accordi.

La divisione dell’ottava in dodici semitoni ci conduce alla prima e più universale (nel senso che può essere usata in pratica in ogni situazione) scala: quella cromatica.

A cominciare da questa, proprio perché comprende tutte le note possibili, sarà indispensabile, mentre si assimilano le diteggiature, cantare tutto ciò che si suona, perché solo in questo modo potremo pensare di riutilizzare consciamente (e non solo meccanicamente) quanto imparato sullo strumento.

La scala su cui si basa la maggior parte dell’armonia della musica che ognuno di noi ascolta da quando è nato, e di conseguenza quella maggiormente depositata nel nostro inconscio (mi riferisco ovviamente ai paesi occidentali), è quella maggiore.

Per questo motivo, prima di passare alle altre, è indispensabile approfondire a sufficienza questa che, tra le scale diatoniche (scale composte di un’alternanza di toni e semitoni), è di gran lunga la più utilizzata.

Partendo da gradi diversi della stessa scala se ne ricavano altre sei (dette comunemente modi), che avranno un appropriato utilizzo sui vari gradi della tonalità d’impianto nella musica tonale, o potranno servire per ottenere un determinato “colore” nella musica cosiddetta modale (basata sull’armonizzazione di vario tipo della scala in questione ma non legata a una progressione di accordi).

Questi colori potranno essere ricavati non solo dai modi della scala maggiore, ma anche da quelle minori e di sintesi.

La scala minore melodica (ascendente) è, dopo la maggiore, il più importante serbatoio da cui attingere per l’utilizzo tonale.

Senza di essa sarebbe impossibile rappresentare correttamente alcuni tipi di accordi come quelli di 7alt, 7#11, min-maj7 e altri ancora, sempre indispensabili nella tonalità minore e spesso anche in quella maggiore (in ogni caso di possibile impiego).

La scala minore armonica, (esempio audio 3) come dice il nome stesso, è più utile ai fini armonici che melodici, a causa dell’intervallo di seconda aumentata presente tra il 6° e 7° grado, ma ha anche alcuni utilizzi caratteristici da non trascurare (come sull’accordo di 7b9) che ne consigliano lo studio (dopo le altre due).

Pur essendo possibile avere altre scale diatoniche (come ad esempio la maggiore armonica, in cui il 6° grado è abbassato) è consigliabile privilegiare un approfondito studio di queste e passare, in seconda battuta alle scale di sintesi.

La scala diminuita è una scala simmetrica composta da otto note (nasce quindi la necessità, non presente nelle scale diatoniche, di averne una ripetuta), formata da un’alternanza regolare di toni e semitoni, utilizzata sugli accordi diminuiti e su molti tipi di accordi di settima (con b9, #9, b5, 13 e varie combinazioni) che, proprio grazie alla sua simmetria che determina la presenza di sole 3 scale invece di 12, ne consente l’uso su molti accordi con fondamentali diverse.

L’utilizzo di questa scala è molto spesso possibile in situazioni tonali, offrendo una valida alternativa ad altri colori, ed è perciò particolarmente legato alla conoscenza teorica, oltre che tecnica, dei possibili usi della stessa.

Discorso analogo si può fare per la scala esatonale (in questo caso sarà inevitabile “saltare” una nota), di cui esistono due sole versioni, ed è formata dalla successione, come anticipa il nome, di sei toni.

E’ usata su accordi di settima con 5+ (b5, 9), anche in questo caso con diverse possibili fondamentali e, per il suo colore caratteristico, adattissima a rappresentare particolari effetti psicologici.

La scala pentatonica può essere di due tipi (1°,2°,3°,5°,6° grado della scala maggiore  o della minore melodica  ma, a causa dell’esiguo numero di note da cui è composta, (cinque, come dice il nome) offre un gran numero di utilizzi, con esiti sonori anche molto diversi.

La versione più “gettonata” in ambito Rock (ma non solo) è la pentatonica maggiore con partenza dal 6° grado (in un certo senso impropriamente detta minore) che, sovrapposta a un accordo maggiore con fondamentale la nota di partenza della scala, genera le cosiddette “blue notes” (3m e 7m).

(Un altro modo di considerarla è pensare a un arpeggio m7 cui è stata aggiunta l’11).

Aggiungendo la “blue note” mancante (b5 o #11) si ottiene la scala Blues, che richiede, per essere usata con pertinenza, non tanto uno studio meccanico di pattern di vario genere (questo vale naturalmente per tutto, ma qui il problema è particolarmente evidente), ma una consistente pratica del genere da cui ha origine.

In seguito sarà possibile caratterizzare con questa scala brani e progressioni che, apparentemente, hanno poco da spartire con essa.

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